"Il Teatro non si ripete, il Teatro si rifá".
Questa é una di quelle frasi che mi escono quando devo spiegare un concetto complesso a dei bambini piccoli e che mi tornano buone anche per i grandi.
Di solito poi mi guardano perplessi perché per loro i termini sono simili e allora faccio l'esempio della torta.
"Quando vostra mamma vi fa una torta e non é la prima volta la ripete o la rifá?"
"La rifá, non si é ma sentito di qualcuno che ripete una torta"
"Benissimo allora adesso pensate ad un pasticciere che cucina tutti i giorni cento torte uguali. I suoi gesti li rifá o sono ripetitivi?"
Lí si illuminano ma ancora gli manca un pezzo.
La differenza tra questi due modi di fare una torta è nella presenza del pensiero, cioè dell'attenzione e della cura che hai quando vuoi che una cosa venga il meglio possibile.
Quando ripeti qualcosa fai un esercizio meccanico, puoi farlo senza pensare o addirittura pensando ad altro se lo hai già assimilato bene.
Ma in teatro questo tipo di atteggiamento de-vitalizza il teatro stesso, si diventa come delle macchine senz'anima.
La ripetizione va bene per esempio per mandare a memoria un testo, una lezione o una poesia.
Ma se ci fermiamo a questo, alla ripetizione, saremo ben lontani dall'avere una vitalità scenica.
Ogni volta che recito devo ricostruire i pensieri e la catena delle emozioni in maniera tale da rifare quella torta anche meglio delle volte precedenti.
Ed è per questo che solitamente rifacendo gli spettacoli migliorano, maturano, riusciamo a interiorizzarli meglio e a rendere il nostro teatro più efficace.
Anche per questi motivi nei laboratori che conduco non uso il testo imparato a memoria, ma a questo dedicherò un post più articolato a breve.
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