
Osservando i ragazzi nei laboratori teatrali, ho notato un fenomeno sempre più evidente: molti di loro hanno difficoltà a costruire finali nelle narrazioni che sviluppano. Questa constatazione, nata dal lavoro pratico, ha aperto una riflessione più ampia su come le pratiche culturali moderne possano influenzare negativamente la capacità di circoscrivere le storie e, di conseguenza, i ricordi. Ma non solo, tale riflessione si estende alla capacità di affrontare le conclusioni nella vita.
Questa difficoltà è particolarmente evidente nei giovani delle scuole superiori. Si osserva in misura minore nelle scuole medie, mentre nei bambini si notano solo piccoli accenni di questo problema, suggerendo che si tratti di un fenomeno che si intensifica crescendo, parallelamente all’aumento dell’esposizione a narrazioni frammentate.
Storie incomplete e memoria: i cerchi aperti e le finestre sospese
Un’immagine che mi è venuta in mente lavorando con i ragazzi è quella del cerchio. Una storia completa è come un cerchio chiuso: ha un inizio, uno sviluppo e una fine che la rendono coerente e memorabile. Le storie frammentate, invece, sono cerchi aperti, destinati a disperdersi. Ma possiamo anche immaginarle come finestre lasciate aperte, da cui entrano spifferi di altre storie, immagini, suggestioni, che distraggono e impediscono di concentrarsi su un unico racconto. Questa frammentazione può compromettere la capacità dei giovani di creare ricordi significativi e duraturi.
Mi sono accorto di questa tendenza anche fuori dai laboratori teatrali, osservando come i ragazzi delle scuole superiori si approcciano alla visione di film. Dopo aver proposto, in varie occasioni, la visione di alcuni film che considero importanti e indiscutibilmente ottimi, ho notato che i loro giudizi erano spesso appena sufficienti. Inizialmente mi sono interrogato, chiedendomi se avessi una visione antiquata o troppo distante dai loro gusti. Poi ho scoperto, grazie a una domanda diretta, che molti di loro guardavano i film in brevi sessioni di 10 minuti al giorno, magari mentre sono in metropolitana oppure sul bus. Questo consumo frammentato disperde completamente il percorso emotivo di una visione continua, trasformando un’esperienza immersiva in una sequenza di momenti sconnessi, fruiti come si trattasse di video su TikTok. Ecco perché i loro giudizi sui film erano così tiepidi: stavano perdendo l’esperienza narrativa nella sua interezza. Tale esperienza non va ad accumularsi al loro bagaglio di formazione, ma rimane una finestra aperta e subito richiusa.
Ricerche psicologiche e pedagogiche sottolineano che la narrazione è una delle chiavi per la costruzione del pensiero e della memoria. Jerome Bruner, uno dei massimi studiosi di psicologia culturale, ha evidenziato come il pensiero narrativo sia essenziale per organizzare le esperienze e dare senso al mondo. Le storie con un arco narrativo completo creano una struttura che il cervello utilizza per consolidare ricordi, sviluppare empatia e costruire l’identità personale.
Oltre la frammentazione: quali narrazioni e quali finali?
È importante sottolineare che la frammentazione non è intrinsecamente negativa. La serialità moderna, ad esempio, con episodi spesso auto-conclusivi, offre narrazioni complesse e articolate, pur essendo "frammentate" in puntate. Anche i videogiochi con finali multipli propongono una forma di narrazione frammentata, dove è il giocatore a scegliere il percorso. Il problema non è quindi la frammentazione in sé, ma la fruizione passiva e inconsapevole di narrazioni frammentate, senza la capacità di ricomporre i pezzi e di dare un senso all'insieme.
Inoltre, è importante distinguere tra diversi tipi di narrazioni frammentate: le serie TV con una trama orizzontale, per esempio, richiedono una fruizione più attenta e una memoria maggiore rispetto a quelle con episodi auto-conclusivi. Anche il "finale aperto" è una forma narrativa legittima e stimolante, che lascia spazio all'interpretazione del fruitore e lo invita a completare la storia con la propria immaginazione, come un ideale passaggio di testimone tra chi scrive e chi fruisce di una storia. Si pensi, ad esempio, a capolavori come "L'avventura" di Michelangelo Antonioni o al finale di "Inception" di Christopher Nolan. Anche in letteratura esistono finali aperti che hanno creato dibattiti e riflessioni per anni (si pensi, ad esempio, a "Il processo" di Kafka).
La questione centrale, quindi, non è tanto la presenza di narrazioni frammentate, quanto la prevalenza di questo modello e la mancanza di educazione alla fruizione consapevole di narrazioni complesse, siano esse frammentate o meno. Si tratta di allenare i ragazzi a riconoscere le finestre aperte e a saperle aprire o chiudere in base all'occorrenza.
Le conseguenze di un’esposizione continua a storie frammentate
L’abitudine a consumare narrazioni frammentate, in modo passivo e inconsapevole, ha diverse implicazioni sul piano cognitivo, emotivo e sociale:
Difficoltà nel pensiero narrativo: Le storie frammentate, se fruite passivamente, non permettono al cervello di esercitarsi nella comprensione di cause, effetti e significati. I ragazzi rischiano di sviluppare un pensiero più disorganizzato e meno coerente, con una ridotta capacità di collegare eventi e di costruire narrazioni articolate.
Riduzione della memoria culturale: Le storie incomplete non vengono archiviate come ricordi strutturati. Questo impoverisce il bagaglio culturale e personale, lasciando meno tracce nella memoria a lungo termine.
Impoverimento dell'immaginazione: la fruizione passiva di frammenti può inibire lo sviluppo dell'immaginazione e della capacità di creare storie proprie.
Impatto sull’empatia e sull’identità: Le narrazioni frammentate, specie se brevi e superficiali, riducono le occasioni per immergersi nel punto di vista degli altri e riflettere sul proprio. L’empatia e l’identità personale ne risentono.
Ansia e incertezza: Senza l’esperienza di storie con finali chiari, o comunque con finali che, seppur aperti, stimolino una riflessione, diventa più difficile affrontare momenti di chiusura nella vita reale, come transizioni, perdite o cambiamenti. La mancanza di "allenamento" alla chiusura può generare ansia e incertezza di fronte all'ignoto.
Dispersione dell’esperienza emotiva: Consumare un film o una storia a pezzettini, come accade sempre più frequentemente, impedisce di vivere un’esperienza continua e immersiva. La connessione emotiva si perde, riducendo il valore dell’opera stessa e la sua capacità di lasciare un segno profondo.
Cosa dice la scienza?
Uno spunto interessante viene dall’effetto Zeigarnik, secondo cui il cervello tende a ricordare meglio attività interrotte. Tuttavia, se l’interruzione diventa la norma, se il modello prevalente è quello della finestra sempre aperta, il cervello smette di attribuire importanza a queste esperienze, trattandole come rumore di fondo. Questa dinamica potrebbe spiegare perché l’esposizione eccessiva a narrazioni frammentate, senza adeguata rielaborazione, porta alla dispersione della memoria.
Inoltre, ricerche sul consumo mediale mostrano che l’abitudine a contenuti brevi e superficiali, come i video sui social media, influisce negativamente sulla capacità di concentrazione e di elaborazione narrativa. (Parlamento Europeo, 2023; Mediascapes Journal, 2023). Queste ricerche sottolineano come la frammentazione, se non gestita, possa portare a una sorta di "analfabetismo emotivo" e narrativo.
Il ruolo degli educatori teatrali: allenare alla chiusura e alla complessità
Come possiamo, nel nostro lavoro con bambini e ragazzi, contrastare questa tendenza e promuovere una fruizione più consapevole delle narrazioni? Ecco alcune proposte pratiche:
Proporre storie complete: Scegliere testi teatrali, racconti o esercizi di narrazione che abbiano un inizio, uno sviluppo e una fine ben definiti. Spiegare l’importanza del finale come momento di chiusura, ma anche di riflessione e di rielaborazione.
Esercizi per chiudere i cerchi: Stimolare i ragazzi a completare storie che iniziano da situazioni aperte, guidandoli a immaginare finali significativi, attraverso improvvisazioni che richiedono una chiusura obbligata.
Riscrivere i finali: Proporre esercizi di riscrittura di finali di storie note, per stimolare la creatività e la riflessione sulle diverse possibilità narrative. Ad esempio, si potrebbe chiedere ai ragazzi di riscrivere il finale di un film o di un racconto, immaginando conseguenze diverse.
Analisi di film e serie TV: Discutere con i ragazzi dei diversi tipi di finali (chiusi, aperti, sospesi) e del loro impatto emotivo. Analizzare come le serie TV, anche quelle con episodi auto-conclusivi, costruiscono una narrazione complessiva e come i singoli episodi contribuiscono a tale narrazione.
Discussione sui finali: Riflettere con i ragazzi sull’importanza dei finali nella vita reale: come affrontare cambiamenti, chiusure o perdite. Colleghiamo la narrazione teatrale alla loro esperienza personale, aiutandoli a comprendere che la capacità di "chiudere" un'esperienza è fondamentale per la crescita personale.
Educare alla lentezza e alla complessità: In un mondo che premia la rapidità, incoraggiare i ragazzi a prendersi il tempo per immergersi in narrazioni più lente e profonde, come quelle proposte dai romanzi di autori come Roald Dahl o Michael Ende. Questo li aiuterà a sviluppare concentrazione, pazienza e capacità di apprezzare la complessità.
Promuovere la lettura di romanzi: La lettura di romanzi, per loro natura, offre narrazioni più lunghe e articolate, che richiedono un'attenzione prolungata e una capacità di seguire trame complesse.
Conclusione
La tendenza a consumare storie frammentate non è una colpa dei ragazzi, ma una conseguenza del contesto culturale in cui vivono, caratterizzato da una sovrabbondanza di stimoli e da una crescente velocità di fruizione. Come educatori teatrali, abbiamo un ruolo cruciale nel reintrodurre il valore delle narrazioni complete, o comunque della capacità di fruire consapevolmente di quelle frammentarie, aiutandoli a chiudere i cerchi, o a comprendere il valore delle finestre aperte, a dare senso alle loro esperienze e a costruire un bagaglio di ricordi significativi.
Non si tratta di demonizzare la frammentazione, ma di educare a una fruizione critica e consapevole delle narrazioni, di allenare alla complessità e di recuperare il senso della fine, inteso non solo come conclusione di una storia, ma come capacità di dare un senso compiuto alle esperienze, di elaborare le emozioni e di affrontare le sfide della vita con maggiore consapevolezza. Solo così potremo aiutare le nuove generazioni a ritrovare il senso della fine, non solo nelle storie, ma anche nella vita.
Fonti citate:
Bruner, J. (1990). Acts of Meaning. Harvard University Press.
Parlamento Europeo (2023). Influenza dei social media sullo sviluppo dei giovani.
Mediascapes Journal (2023). Consumo mediale e narrazione nei giovani italiani.
Effetto Zeigarnik: The Effect of Unfinished Tasks on Memory, 1927.
Antonioni, M. (Regista). (1960). L'avventura [Film]. Cino del Duca.
Nolan, C. (Regista). (2010). Inception [Film]. Warner Bros.
Kafka, F. (1925). Il processo.
Dahl, R. (varie date). Opere per ragazzi.
Ende, M. (varie date). Opere per ragazzi.
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