Quando si parla di laboratori teatrali per principianti, specialmente rivolti a bambini e ragazzi, l’uso del copione viene spesso considerato una tappa fondamentale e inevitabile. Ma questa convinzione radicata non solo è limitante, ma potrebbe rivelarsi un ostacolo significativo allo sviluppo della creatività e della libertà espressiva dei partecipanti. Dopo quasi trent'anni di esperienza esclusivamente dedicata al teatro per i più giovani, ho visto innumerevoli casi in cui il copione ha bloccato il potenziale espressivo degli allievi invece di liberarlo.
L’Errore di Partire dal Testo Scritto
Ritengo che l’idea che per fare teatro sia necessario partire obbligatoriamente da un testo scritto sia profondamente sbagliata. Il teatro può nascere da qualsiasi impulso creativo: un gesto, un’emozione, una situazione quotidiana, una dinamica di gruppo. Imprigionare questa espressione naturale in un copione rigido fin dall’inizio rischia di spegnere l’entusiasmo e la spontaneità dei partecipanti, che si trovano subito catapultati in una sfida di memoria e precisione piuttosto che in un’esplorazione creativa.
Il Copione come Gabbia: Limita l’Interpretazione e Blocca la Creatività
Per un attore professionista, il copione è uno strumento ricco di sfumature, un punto di partenza da esplorare e interpretare. Tuttavia, per un bambino, un adolescente o un principiante, il copione rappresenta spesso una gabbia che limita la capacità di esprimersi liberamente. Si concentrano esclusivamente sulla memorizzazione delle battute, cercando di ripetere parola per parola ciò che è scritto, senza avere le competenze necessarie per andare oltre la semplice riproduzione.
Questo processo di memorizzazione porta i partecipanti a focalizzarsi solo sulle parole che devono dire, a discapito dell’esperienza teatrale più ampia. L’ansia di ricordare le battute esatte inibisce qualsiasi capacità di ascoltare i compagni di scena o di reagire in modo autentico e spontaneo. Si perde, così, la vera essenza del teatro, che non risiede nelle parole pronunciate, ma nella capacità di comunicare emozioni, di interagire, di vivere intensamente il momento scenico.
Non tutti sono a proprio agio con la parola scritta, la voce e la verbalità.
Qualcuno potrebbe avere una propensione più naturale ad esprimersi con il corpo, con il gesto, con lo sguardo, con il silenzio.
"Per questo spettacolo non ho un copione, ho una mappa"
(Marco Baliani parlandomi del suo spettacolo "Tracce")
A cosa serve un Laboratorio Teatrale?
Sono convinto che il senso di un laboratorio teatrale di base non sia quello di interpretare la parola scritta. In principio, bisognerebbe accompagnare i partecipanti in un percorso di esplorazione dell’espressività e delle loro sensibilità, lavorando sul corpo, sulla voce, sullo spazio e sulla relazione con gli altri e con gli oggetti.
L'interpretazione della parola scritta è un processo complesso che necessita di competenze solide.
La più bella poesia o il più bel monologo recitato senza competenza sarà un momento di teatro negativo.
Un bel testo letterario non dà alcuna garanzia che ne esca fuori del buon teatro anzi: l'interpretazione di testi complessi e profondi richiede maggiori capacità teatrali.
Il processo comunemente usato: scelta o scrittura di un testo, divisione delle parti, memorizzazione, messa in scena, è semplicistico e, a livello pedagogico, dannoso.
Anche perché succede spesso che chi scrive non sia un drammaturgo.
Saper scrivere non significa assolutamente saper scrivere per il teatro.
"I testi teatrali "classici" dovrebbero essere dei punti di arrivo, non dei punti di partenza"
(Gian Renzo Morteo)
Il testo teatrale non è un punto di partenza, ma un punto di arrivo. Esso si realizza pienamente solo nella scrittura scenica, nell'incontro tra l'attore, lo spazio, la luce, il suono e tutti gli altri elementi che compongono lo spettacolo.
Esattamente come specifica Gian Renzo Morteo nel suo fondamentale saggio "Ipotesi sulla nozione di Teatro" distinguendo tra "testo scritto" e "scrittura scenica".
La Trappola dell’Ansia e la Mancanza di Ascolto
L’ansia di ricordare esattamente le battute porta spesso i partecipanti a isolarsi dal flusso della scena. Non ascoltano realmente i loro compagni di scena, ma restano intrappolati in una sorta di “pilota automatico”, incapaci di reagire a eventuali imprevisti o variazioni. Basta una piccola deviazione dal testo originale, una minima dimenticanza o un’improvvisazione non prevista, per generare blocchi emotivi e creare una sensazione di fallimento.
Questa mancanza di ascolto e di flessibilità rappresenta un grande limite, perché il teatro è, prima di tutto, un’arte di relazione, un dialogo continuo tra gli attori e con il pubblico. Se i partecipanti sono troppo concentrati su cosa devono dire, non riescono a vivere l’interazione con i loro compagni in modo autentico e fluido.
Un Nuovo Approccio: Creare Insieme Senza Copione
La soluzione a cui sono arrivato e che adopero convintamente è quella di partire dalla creatività dei partecipanti stessi, lavorando insieme a loro per creare le storie, le trame, i personaggi e le scene. Inventare tutto da zero, coinvolgendo i partecipanti in un processo creativo condiviso, stimola la loro fantasia e li rende protagonisti attivi dell’esperienza teatrale.
Ma attenzione: questo non significa che li faccia scrivere liberamente per poi riassemblare io il tutto scrivendo il copione. Questa è un artificio che ci riporta sempre al punto di partenza.
Si lavora preparando scena per scena a partire da improvvisazioni inventate dai partecipanti e poi sistemate. Questo li rende pienamente coscienti e responsabili di ciò che si sta facendo e soprattutto del perché.
Stimolare la creatività ha un significato duplice: da una parte, significa dare ai partecipanti la possibilità di esprimere le proprie idee e i propri sentimenti; dall’altra, significa aiutarli a trovare modi concreti per trasformare queste idee in espressioni sceniche.
Non basta avere una buona idea; è fondamentale anche imparare a tradurla nella pratica teatrale, a darle vita sul palcoscenico.
Questo processo può essere insegnato e allenato anche in bambini molto piccoli.
Si può partire da piccoli stimoli e abituare i partecipanti a collaborare in piccoli gruppi nella creazione di scene autonome.
Io do pochissimi minuti, a volte meno di cinque.
Ho sperimentato che aumentare considerevolmente il tempo di creazione non porta alcun beneficio.
Con un tempo limitato invece i partecipanti:
imparano a collaborare
imparano a non perdere tempo
imparano ad accettare le idee degli altri
imparano ad integrare idee di persone diverse
L'obiettivo principale di questo procedimento non è il risultato ma l'insegnamento di un processo creativo.
Le scene poi dovranno essere rappresentate al resto del gruppo.
Naturalmente le prime scene potrebbero essere brevissime, poco chiare o confuse.
Non importa.
Questo darà modo al conduttore di spiegare e far sperimentare ai partecipanti modalità più efficaci di rappresentazione delle loro idee ma anche di sottolineare i pregi della scena.
C'è sempre qualcosa di buono: un'idea, una modalità espressiva, la gestione di un imprevisto, una voce, uno sguardo…
Contemporaneamente, quasi senza accorgersene, i partecipanti si abitueranno a recitare davanti a un pubblico.
Quando i partecipanti inventano un materiale teatrale e lo propongono al gruppo non lo dimenticano più.
I partecipanti avranno modo poi successivamente, se ne hanno voglia, di raffinare e/o approfondire il linguaggio senza però diventarne schiavi.
Il Ruolo del Conduttore di Laboratorio: Facilitatore, Non Regista
Uno degli aspetti più importanti di questo approccio è la figura del conduttore del laboratorio teatrale, che non deve secondo me assumere il ruolo di regista che impone la propria visione, ma piuttosto di facilitatore che guida il gruppo nell’esplorazione delle loro idee.
Resistere alla tentazione di imporre le proprie soluzioni può essere difficile, ma è essenziale per rispettare l’espressività personale dei partecipanti e per favorire un vero processo di apprendimento e di crescita.
L’obiettivo è quello di valorizzare le esperienze fatte dai partecipanti nella fase propedeutica del laboratorio, utilizzando le proprie competenze per potenziare e affinare le loro intuizioni senza mai soffocarle.
Questo non solo permette ai partecipanti di sentirsi più coinvolti e liberi di esprimersi, ma evita anche quel senso di frustrazione e disagio che nasce quando si sentono costretti a seguire direttive esterne.
Senza dubbio è un lavoro più faticoso, dove è necessario rimanere sempre "in ascolto" dei partecipanti, elaborare costantemente stimoli nuovi collegati al presente, dove a volte può succedere che il gruppo prenda decisioni che non condividiamo.
Sono convinto e la pratica me l'ha dimostrato più volte che sia necessario fidarsi dei propri allievi.
Più volte scelte che mi lasciavano perplesso in principio si sono rivelate brillanti e creative soprattutto perché avevano il sostegno del gruppo e forse inconsciamente il gruppo ha preso forza della fiducia che il conduttore ha mostrato loro.
Sono convinto che i conduttori dei laboratori teatrali (per me conduttore è il termine più adatto; li accompagno attraverso una esperienza) debbano preoccuparsi del COME (il linguaggio teatrale) più che del COSA.
Una volta che i partecipanti, col tempo, avranno acquisito degli strumenti e si saranno innamorati del teatro sarà spontaneo che vengano a chiedere di essere condotti in altri "luoghi" che siano tecniche, modalità, storie o autori.
Conclusione: Liberare il Teatro dai Vincoli del Copione
Il teatro non deve essere una gara di memoria né una lotta per ricordare parole predeterminate. Deve essere, piuttosto, un viaggio di scoperta, un’occasione per esplorare le emozioni, per giocare con le proprie intuizioni e per interagire in modo autentico con gli altri.
Eliminare il copione dai laboratori teatrali per principianti può essere un passo fondamentale per restituire ai partecipanti la libertà di creare e di sbagliare, di crescere attraverso l’esperienza diretta senza il peso delle parole già scritte.
La sfida non è ricordare una battuta, ma vivere intensamente il momento scenico e comunicare attraverso il linguaggio universale del corpo e delle emozioni.
Ritengo sia tempo di superare l’idea che fare teatro significhi necessariamente partire da un testo scritto. Secondo me il teatro nasce dall’abilità di creare insieme, di improvvisare, di ascoltare e di reagire. Abbracciamo un approccio che metta al centro la creatività e la spontaneità, e lasciamo che il teatro sia davvero un gioco di libertà e di "allenamento alla vita".
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